Oggi parliamo del contratto di convivenza delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e una disciplina delle convivenze omosessuale o eterosessuale, esterna all'ambito familiare
L'art. 1, commi 36-65 legge 20 maggio 2016 n. 76 - nota come legge Cirinnà - ha introdotto una regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e una disciplina delle convivenze omosessuale o eterosessuale, esterna all'ambito familiare, con il requisito della coabitazione.
La legge definisce «conviventi di fatto» due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile.
Delle «convivenze di fatto» su istanza degli interessati è previsto l'inserimento nei registri anagrafici; stesso adempimento richiesto al Comune ove è registrata la convivenza per il contratto.
Ai conviventi (etero o omosessuali) registrati all'anagrafe è consentito «disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla vita in comune»
A chi è consentita la conclusione di un contratto di convivenza?
E’ consentita solo a conviventi “registrati”, maggiorenni e non interdetti, che non siano tra loro parenti o affini, legati da vincoli di adozione, uniti da un vincolo matrimoniale, partecipi di un’unione civile o di altri contratti di convivenza in corso di vigenza, o condannati per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell’altro (articolo 1, comma 57); ricordiamo che non è un obbligo ma una mera facoltà, in quanto il rapporto può prescindere da alcun patto tra le parti.
Al fine della regolare costituzione degli accordi suddetti è necessario:
- che siano redatti in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata autenticata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestino la conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico. (comma 51)
- che, entro i successivi dieci giorni, il notaio o l'avvocato provvedano, ai fini dell'opponibilità ai terzi, a trasmetterne copia al comune di residenza dei conviventi per l'iscrizione all'anagrafe ai sensi degli articoli 5 e 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223;
Detti contratti possono disciplinare:
- le modalita' di contribuzione alle necessita' della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacita' di lavoro professionale o casalingo;
- il regime patrimoniale della comunione dei beni.
Il regime patrimoniale può essere modificato, successivamente, con le stesse modalità previste per la costituzione del contratto medesimo, di cui al comma 51.
Il contratto non puo’ essere sottoposto a termine o condizione, nel caso contrario le stesse si riterranno come non apposte.
Gli accordi saranno nulli qualora siano stati conclusi:
- in presenza di un vincolo matrimoniale, di un'unione civile o di un altro contratto di convivenza;
- in violazione del comma 36;
- da persona minore di eta';
- da persona interdetta giudizialmente;
- in caso di condanna per il delitto di cui all'articolo 88 del codice civile .
Ma nel caso in cui non si intenda proseguire la convivenza come si puo’ risolvere il contratto?
Il contratto di convivenza, precedentemente concluso, può risolversi per accordo delle parti, per recesso unilaterale, per matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona , morte di uno dei conviventi.
Nel caso di risoluzione per accordo o recesso unilaterale la stessa deve essere redatta nelle forme di cui al comma 51 (nella medesima modalità della sua costituzione).
In caso di recesso unilaterale è, tuttavia, prevista una particolare forma di notificazione, ossia, l'avvocato o il notaio che riceve o che autentica l'atto e' tenuto, oltre che agli adempimenti di cui al comma 52 (trasmissione di copia del documento al comune di residenza per l'iscrizione anagrafica), a notificarne copia all'altro contraente all'indirizzo risultante dal contratto.
Qualora la casa familiare sia nella disponibilita' esclusiva del recedente, la dichiarazione di recesso, a pena di nullita', deve contenere il termine, non inferiore a novanta giorni, concesso al convivente per lasciare l'abitazione.
Nel caso in cui il contratto di convivenza abbia precedentemente previsto il regime patrimoniale della comunione dei beni la sua risoluzione determina lo scioglimento della comunione medesima e si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui alla sezione III del capo VI del titolo VI del libro primo del codice civile .
Nel caso invece di risoluzione per matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona il contraente che ha contratto matrimonio o unione civile deve notificare all'altro contraente, nonché al professionista che ha ricevuto o autenticato il contratto di convivenza, l'estratto di matrimonio o di unione civile;
Nell’ultimo caso previsto e cioè morte di uno dei conviventi il contraente superstite o gli eredi del contraente deceduto devono notificare al professionista che ha ricevuto o autenticato il contratto di convivenza l'estratto dell'atto di morte affinché provveda ad annotare l'avvenuta risoluzione e a notificarlo all'anagrafe del comune di residenza.
E’ previsto che il giudice, in caso di cessazione della convivenza di fatto, possa stabilire il diritto del convivente di ricevere dall'altro convivente gli alimenti.
Solo se il convivente beneficiario degli alimenti versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento.
Detti alimenti sono assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza e nella misura determinata ai sensi del codice civile.
In tema di novità è previsto all’art .30 che “Ai contratti di convivenza si applica la legge nazionale comune dei contraenti. Ai contraenti di diversa cittadinanza si applica la legge del luogo in cui la convivenza e' prevalentemente localizzata. Sono comunque fatte salve le norme nazionali, europee ed internazionali che regolano il caso di cittadinanza plurima”
(Diritto Civile – Diritto di Famiglia)