“Quando ero piccola mi è stata regalata la possibilità di scegliere il mio posto sicuro, il posto sicuro è un luogo in cui puoi fuggire quando provi emozioni negative, come la rabbia, la delusione, la tristezza, ecc.
E’ stato sorprendente perchè potevo sciegliere qualsiasi posto nel mondo e quello avrebbe significato per me la tranquillità, sempre, ogni volta che avessi voluto visitarlo.
Potevo scegliere, per esempio, la mia camera, o il giardino di casa mia, ma anche qualsiasi mondo potessi raggiungere con la fantasia, come luoghi lontani, inventati, scoperti nei racconti e nei film che mi piacevano di più. E’ così che ho scoperto che potevo controllare le emozioni che provavo, creando da me la tranquillità di cui avevo bisogno e trasportandomi ovunque... o fisicamente, andando in luogo realmente esistente che mi rasserenava, oppure sognando con il pensiero di essere altrove.”
I bambini spesso sperimentano emozioni forti che non sanno come controllare e possono aver bisogno della presenza di un genitore che gli fornisca una chiave per ritrovare lo stato di tranquillità.
Una strategia che vi consiglio e che aiuta i più piccoli a sviluppare le competenze necessarie per non lasciarsi trascinare dalla rabbia, consiste nel scegliere insieme un posto protetto in cui rifugiarsi quando non si sa come gestire una situazione che fa adirare. Una volta individuato il posto sicuro, lo stato di quiete può essere, poi rafforzato tramite la lettura di una fiaba, come il libro “Che rabbia!” di Mireille D’Allancè o la realizzazione di un disegno.
La lettura di una fiaba che racconti la storia di un bambino arrabbiato che riesce a sconfiggere la rabbia aiuta il bambino a riflettere (anche se lui non ne è pienamente consapevole) sull’emozione provata e sulla modalità con cui ha reagito, a rispecchiarsi nel protagonista del racconto e ad acquisire sicurezza nelle proprie capacità di far fronte alla rabbia.
Il disegno, invece è il sostituto delle parole di noi adulti, quando raccontiamo alle persone di cui ci fidiamo qualcosa che non va. Il disegno consente, infatti al bambino di tirar fuori e di comunicare al genitore le sensazioni che ha provato, dandogli una forma e un nome. Il genitore, a quel punto, ha il privilegio di entrare nel mondo del proprio bambino, facendo domande su ciò che ha disegnato e trasmettendogli la sicurezza di cui ha bisogno.
Da ricordare:
“Quando il bambino urla, abbassiamo la voce. Gli mostreremo che c’è un altro modo per comunicare.”
Sara Perona
Laureata in Scienze e tecniche psicologiche all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano con votazione 110 e lode su 110 e tesi sul tema della comunicazione nei legami familiari. Ha approfondito le metodologie di intervento nel campo della genitorialità e della coniugalità tramite corsi universitari ed esperienze in consultori. Ha conseguito due borse di studio per merito ed è attualmente iscritta al corso di specializzazione “Psicologia clinica e promozione della salute: persona, relazioni familiari e di comunità”.