Intervistiamo oggi la Dott.ssa Rosalba Altese, Medico Chirurgo e mamma di tre figli che lavora da diverso tempo presso il pronto soccorso di un ospedale di Milano, conciliando l'intensa vita lavorativa di un medico (giorni, notti, festivi) con il ruolo di mamma tuttofare.
Ciao Rosalba, grazie per la tua disponibilita’ e per aver deciso di rispondere a qualche domanda…(Rosalba ci segue su Mamma&Lavoro ma è una timidona) che ci permetterà di comprendere la complessità della gestione famiglia/lavoro per una donna con una professione così particolare.
Il mondo della medicina sta diventando sempre più femminile, come è stata la tua esperienza lavorativa sino ad oggi?
Nei secoli scorsi il medico era gioco-forza una professione maschile, ancor più di altre: retaggi culturali e dettami religiosi “ammantavano” la donna di un alone di pudicizia che male si sposava con la pratica medica, nella quale è momento essenziale la visita del paziente. Se a questo si aggiunge poi la allora scarsa considerazione dell’intelletto femminile…
Grazie alla fatica di uomini e donne straordinarie, anche la professione medica ha cambiato i propri connotati, specchio dell’evoluzione della società occidentale che ha via via aperto le porte professionali anche a noi.
La mia esperienza passata mi porta a dire che nell’ambiente chirurgico c’era una maggiore ritrosia nell’ammettere una “dottora” nell’equipe, o almeno a riconoscerle capacità e mansioni pari ai colleghi maschietti.
Da anni non faccio parte di un reparto di Chirurgia (dove peraltro e a lungo sono stata l’unica figura femminile) e lavorando in un Pronto Soccorso, non sono in grado di esprimere un parere sulle dinamiche attuali di tale realtà, ma a volte ho ancora la sensazione di venire a contatto con un microcosmo maschile, nel quale ho comunque imparato a muovermi con maggiore disinvoltura e consapevolezza.
Cosa ti ha spinto ad intraprendere questa carriera, nel ruolo poi di chirurgo, notoriamente molto faticoso?
Quando ero bambina ho guardato negli occhi “la malattia” e ne ho percepito la sofferenza insieme al cattivo odore. Tutto ciò, insieme alla mia naturale attitudine ad “aggiustare le cose”, materiali e no, ed alla passione per le scienze naturali che condividevo con mio fratello maggiore, mi ha portato a questa scelta.
Note tragicomiche del mio cammino verso la Medicina
Per amor di scienza, nella mia infanzia versai fiumi di lacrime e sangue (e non nel senso letterale): piansi sui corpicini stecchiti di povere mosche, da me trafitte con siringhe piene di succo di limone, che inspiegabilmente non si giovavano di quella bella dose di vitamine che ero convinta di somministrare. Quanto al sangue, ne ho donato una buona quantità sia per guardarlo al microscopio che per nutrire fameliche sanguisughe poggiate sul mio braccio per studiarle in vivo. (il detto “mors tua, vita mea” l’ho capito solo molti anni dopo)
Sappiamo che sei una mamma molto presente con i tuoi tre bambini, come riesci a destreggiarti tra famiglia e lavoro?
Alla nascita del primo figlio, come ogni donna, ho subito una metamorfosi: mi sono spuntate le ruote ai piedi, braccia e mani si sono moltiplicate (presente la dea Kalì ?!) gli occhi son divenuti camaleontici, le orecchie enormi, e nella testa si è generato un orologio a cucù che continua a ticchettare ed incombere con il suo uccellino malefico e scandisce i vari impegni della giornata. Chiaro, no?
Pensi che le maternità possa aver compromesso la tua carriera lavorativa?
Credo che diventare mamma sia una rivoluzionaria opportunità per l’esistenza di una donna: mai come in questo caso la vita ti impone una scelta, frutto di cuore e testa, ed alla fine “partorisci” il tuo personale compromesso tra egoismo, naturale senso di protezione e senso pratico.
Reputo il mio attuale compromesso accettabile e sufficientemente gratificante: il mondo ha perso un chirurgo di belle speranze, ma 3 cuccioli “godono” delle attenzioni di una mamma presente al punto di giusto, quello di essere anche un po’ rompiballe, come il ruolo impone.
La struttura dove lavori ti ha aiutato nella conciliazione tra l’attività lavorativa e le tue necessità familiari?
Decisamente si. Da alcuni anni godo di alcuni privilegi, maturati dopo la normale gavetta, ma anche guadagnati sul campo grazie alla mia duttilità ed al mio senso del dovere: avendo i pomeriggi liberi, posso stressare a dovere la figliolanza e vigilare anche sui loro studi (mestiere ingrato! quest’anno “frequento” in contemporanea la III elementare, la I liceo scientifico e la III Liceo Linguistico….)
Cosa consiglieresti ad una giovane donna che vuole fare il medico?
Ogni essere umano ha potenzialità infinite, qualunque sia la forma esteriore con cui si manifesta. Sono certa che se si perseguono le proprie aspirazioni con impegno, si possa raggiungere qualsiasi traguardo.
Anni fa un’amica mi fece dono di un piccolo quadretto, che troneggia sul muro della mia camera da letto: “ Non esiste sogno troppo grande né sognatore troppo piccolo”. Basta crederci.
Nel futuro cosa si potrebbe fare per migliorare la situazione lavorativa delle mamme che lavorano in campo sanitario?
Momento essenziale è l’educazione dei figli; non è una banalità, “i mammoni” non sono adusi ai lavori di casa (poco maschi) né al condividere la pratica di essere genitori: perciò spetta a noi genitori, mamme in primis, evitare di riproporre il clichè del figlio“parassita” ed abituare la nostra figliolanza all’indipendenza ed alla cooperazione in casa, nel rispetto degli spazi altrui.
Il resto vien da sé: se in famiglia vige la regola dei pari doveri e diritti, la società può veramente arrivare ad offrire “pari opportunità” alla donna-madre e permettere delle scelte meno drastiche e frustranti: orari di lavoro più elastici, kinder-garden nel luogo di lavoro ed un reale atteggiamento di considerazione per il ruolo di mamma farebbero la differenza.
Se tornassi indietro, lo rifaresti? 🙂
Domandona!
Direi di si, ho più di un milione di motivi per farlo: 3 figli + 1 “martirio”/martirizzato compagno di vita + 2 gatti + N. acari della mia casa.
Grazie Rosalba, mi colpisce la capacità di riuscire (con annessi salti mortali) a rispondere alle necessità della famiglia e dei figli pur mantenendo un ruolo professionale così impegnativo …perchè Rosalba non lo dice qui, ma oltre ai turni di lavoro diurni spesso lavora il sabato notte (e in un Pronto Soccorso si sta svegli a qualsiasi ora del giorno e della notte) per potersi godere la famiglia sia il sabato che la domenica…. Beh, deve essere proprio vero quello che c’è scritto su quel quadretto che citava poco fa dove si legge “Non esiste sogno troppo grande né sognatore troppo piccolo”.
Buon proseguimento Rosalba, e complimenti….! Un altro esempio di mamma millepiedimillebraccia! ☺