L’infedeltà non legittima automaticamente l’addebito della separazione.
Il nostro ordinamento giuridico prevede l'ipotesi della cosiddetta separazione con addebito o separazione per colpa.
Ai sensi dell'articolo 151 del Codice Civile, il giudice adito per la separazione dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e se ne è fatta richiesta, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri derivanti dal matrimonio.
Nel caso in cui, infatti, il Giudice accerti che la rottura del vincolo coniugale è dipesa dalla violazione, da parte di una sola delle parti, dei doveri disciplinati dall’art. 143 del Codice Civile (di fedeltà, di assistenza morale e materiale, di collaborazione nell’interesse della famiglia e di coabitazione), ove sussista specifica richiesta in tal senso, potrà pronunciare sentenza di separazione con addebito.
Ma cio’ non è automatico . Secondo quanto affermato da costante giurisprudenza, ai fini dell’addebitabilità in capo ad un solo coniuge, è necessario che sussista un rapporto di causa-effetto tra la violazione stessa e la sopravvenuta intollerabilità della convivenza.
Cio vuol dire che per addebitare la colpa della separazione al coniuge infedele occorre accertare se il tradimento sia stato effettivamente la causa della crisi matrimoniale e non piuttosto l'effetto e quindi verificare se al momento del tradimento fosse già in atto o meno una crisi coniugale.
Ad esempio, se l'infedeltà si verifica all’interno di una coppia il cui rapporto era già deteriorato da tempo, il Giudice, in assenza di nesso di causalità, potrebbe non pronunciare la sentenza di addebito nella causa di separazione. In questi casi, infatti, l'intollerabilità della convivenza sarebbe già preesistente e non direttamente legata all'infedeltà.
Recente giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sent., 23-05-2014, n. 11516) conferma ancora una volta il “principio secondo cui, in tema di separazione giudiziale dei coniugi, si presume che l'inosservanza del dovere di fedeltà, per la sua gravita, determini l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, giustificando così, di per sè,l’addebito al coniuge responsabile, salvo che questi dimostri che l'adulterio non sia stato la causa della crisi familiare, essendo questa già irrimediabilmente in atto, sicchè la convivenza coniugale era ormai meramente formale (Cass. Civ., sez. I, 5 febbraio 2014 n. 2539 27 giugno 2013 n. 16270Cass. 14 febbraio 2012, n. 2059; Cass. 7 dicembre 2007, n. 25618).
Il Tribunale deve procedere, quindi, ad una attenta valutazione complessiva del rapporto coniugale e del comportamento (anche se infedele) dei coniugi, al fine di stabilire se l’infedeltà coniugale sia stata rilevante ai fini della crisi coniugale, e se il rapporto era già irrimediabilmente logoro tale da tollerare una vita, di fatto, indipendente tra i coniugi.
Avv. Maria Antonietta Amenta (Diritto di Famiglia)